“L’artista ha esposto in questa sua prima personale in Assisi, dei bassorilievi e delle piccole sculture, da cui non era difficile trarre la sapienza costruttiva di un giovane talento in cammino.”

  E. De Albentiis: 

“E’ un tipico rappresentante di quell’esigenza nomadica che è tanta parte della nostra inquieta dimensione esistenziale, con una vitale oscillazione fra tecniche e linguaggi diversi (pittura, scultura, grafica) e un’inesausta volontà di esprimere strade espressive variate, a volte distanti fra loro centrate su soggetti come la figura umana in movimento, il paesaggismo ruvinistico e la tematica sociale e religiosa.

Questa peregrinazione estetica ed intellettuale non va però intesa solo come frutto di inquietudine: essa è anche l’esito di un profondo riconoscimento etico del valore fondante di ogni esperienza passata che sia stata in grado di rivolgere idealmente a tutta l’umanità un messaggio di costruzione e di comunicazione formato da immagini pensieri ed emozioni.

Anche in Santanicchia emerge una volontà di contrastare, per quanto possibile, la forza insidiosa dell’oblio e della fugacità delle cose: per questo l’artista si propone sovente di ripercorrere, quasi con umiltà e con una sensibilità nutrita di intenso rispetto, la parabola creativa di artefici del passato, da quelli più celebrati e famosi a figure giudicate, magari ingiustamente, di secondo piano.

Tra queste ultime emerge, ad esempio, la personalità, oggi pressoché dimenticata, di uno scultore vissuto a cavallo tra il XIX e il XX secolo come Pietro Canonica (con il suo classicismo fuori tempo), o, in pittura i colti richiami, tra gli altri, a veri e propri “giganti” come Mucha e Friedrich.

Non può sussistere dubbio alcuno che questo giovane artista, forse ancora un po’ troppo eclettico, ma certamente di autentico sentire, denoti efficacemente quella crisi del concetto di avanguardia evocato nelle pagine ormai classiche di Jean Clair.”